Ragion d'Essere

Il nostro blog non ha la pretesa di informare, né disinformare.
É un luogo di riflessione.

giovedì 21 ottobre 2010

TUTTE LE BUGIE DI BERLUSCONI


"Io dico sempre cose sincere, anche perché non
ho memoria e dimenticherei le bugie. Come
ci si può fidare di chi usa la menzogna come mezzo
della lotta politica? La gente deve fidarsi solo
di chi dice la verità" (Silvio Berlusconi, 2-3-94)
Indro Montanelli, il più grande giornalista italiano scomparso nel 2001, lo
conosceva bene, avendolo avuto per 15 anni come editore. E diceva: "Silvio
Berlusconi è un mentitore professionale: mente a tutti, sempre anche a se
stesso, al punto da credere alle sue stesse menzogne". Una pulsione
incontenibile e irrefrenabile, quella del presidente del Consiglio italiano verso
la menzogna. Persino in Tribunale. Infatti, il 22 ottobre 1990, la Corte
d’Appello di Venezia l’ha riconosciuto colpevole di aver mentito ai giudici
sotto giuramento: "Il Berlusconi - si legge nella sentenza - deponendo
avanti il Tribunale di Verona, ha dichiarato il falso, realizzando gli estremi
obiettivi e soggettivi del contestato delitto": cioè la falsa testimonianza, a
proposito della sua iscrizione alla loggia massonica P2. Il reato, accertato, fu
dichiarato estinto grazie a una provvidenziale amnistia approvata nel 1989.
Negli Stati Uniti la menzogna (specie se giurata dinanzi a un giudice)
comporta l’immediato impeachment: il colpevole lascia la Casa Bianca. In
Italia, entra a Palazzo Chigi. E, naturalmente, continua a mentire. Come
prima e più di prima. Quello che segue è un piccolo catalogo ragionato delle
bugie berlusconiane.

BERLUSCONI GIOVANE

"La mia carriera canora (come cantante sulle navi da crociera, ndr) è
cominciata con una tournée in Libano" (7-6-1989). Ma secondo Giuseppe
Fiori, suo biografo non autorizzato, Berlusconi non è mai stato in Libano.
"Al ’Gardenia’ (un locale notturno, ndr) di Milano, come poi sarebbe
avvenuto a Parigi, dopo aver cantato mi buttavo in pista per ballare con le
bionde" (ibidem). Ma Berlusconi non ha mai suonato a Parigi.
"Ho studiato due anni a Parigi, alla Sorbona, e per mantenermi dovevo
suonare e cantare nei locali della capitale" (8-7-1989). Ma Berlusconi non ha
mai studiato alla Sorbona: semmai alla Statale di Milano.
"A Parigi facevo il canottaggio ed ero campione italiano studentesco con il
Cus di Milano" (luglio 1989). Parigi a parte, esistono seri dubbi sui titoli
sportivi conquistati dal Cavaliere in canoa.

BERLUSCONI INCAPPUCCIATO

"Non ricordo la data esatta della mia iscrizione alla P2, ricordo comunque
che è di poco anteriore allo scandalo. Non ho mai pagato una quota di
iscrizione, né mi è stata richiesta" (27-9-1988, al Tribunale di Verona).
Berlusconi s’iscrisse alla P2 nei primi mesi del 1978 e pagò regolarmente la
quota di iscrizione di 100 mila lire. Di qui la falsa testimonianza.
"Basta con questa storia della P2: l’ho già detto, ricevetti la tessera per
posta e non pagai neppure la quota d’iscrizione" (10-3-94). Ma, come ha
testimoniato anche Licio Gelli, gran maestro venerabile della loggia P2,
"Berlusconi ha fatto la normale iniziazione alla loggia P2".

BERLUSCONI IMPRENDITORE

"Il signor Berlusconi ha lavorato, ha rischiato, ha pagato le tasse e non ha
mai chiesto alcuna lira di contributi allo Stato" (22-5-95). Ma la Fininvest è
sotto processo per evasione fiscali di centinaia di miliardi; e ha ricevuto
contributi pubblici, tanto per l’editoria (5 miliardi e rotti all’anno per Il
Giornale, intestato al fratello Paolo, altrettanti per Il Foglio intestato alla
moglie Veronica), quanto per la cassa integrazione alla Standa e alla
Mondadori.
"La legge Mammì ci ha tolto la metà del fatturato" (La Stampa, 24-5-95).
All’epoca della legge Mammì (che nell’agosto 1990 ha regolamentato il
sistema radiotelevisivo italiano), le dimensioni del gruppo erano
pressappoco le stesse del ’95.
"La Mammì ci ha costretti a vendere i quotidiani e ci ha impedito di tenere le
pay tv" (La Stampa, 24-5-95). I quotidiani erano uno solo: il Giornale
(subito passato al fratello Paolo); le pay tv non esistevano ancora, visto che
Tele+ è nata il 20 ottobre ’90.
"E’ una falsità, una cosa senza senso dire che dietro il signor Berlusconi ci
sia Craxi. Non devo nulla a Craxi e al cosiddetto Caf, e non rinnego nulla di
ciò che ho fatto" (a Mixer, Rai2, 21-2-94). Ma era stato lo stesso Berlusconi
a confessare, il 13-9-93, in un raro lampo di sincerità, di aver licenziato
l’anchor man Gianfranco Funari su ordine di Craxi ("Non è un mistero -
aveva ammesso il Cavaliere - che Berlusconi è sempre stato schiavo del
Principe, e in più di un’occasione ho dovuto tenerne conto. Un anno fa, se
ricordate bene, io stavo aspettando le concessioni televisive...").

BERLUSCONI CANDIDATO

"Tutti mi chiedono di candidarmi. Ma io so perfettamente quello che posso
fare. Se io facessi la scelta politica dovrei abbandonare le televisioni e
cambiare completamente mestiere. Un partito di Berlusconi non c’è stato,
nè ci sarà mai" (13-9-93). Due mesi dopo nasce ufficialmente Forza Italia e
Berlusconi si candida alla presidenza del Consiglio.
"Se fonderò un partito? Ho sempre dichiarato il contrario, sarà la ventesima
volta che lo ripeto. Lo scrive chi ha interesse a mettermi contro gli attuali
protagonisti della politica. E perciò farà finta anche stavolta di non leggere
la mia smentita, per cui mi toccherà di ripeterla per la ventunesima volta e
chissà per quante altre volte ancora" (Epoca, 23-10-93). Come sopra.
"Il mio presunto partito esiste soltanto sulle pagine di alcuni giornali" (alla
commissione Bilancio della Camera, 26-10-93). Come sopra.

BERLUSCONI PREMIER/2

"Il nostro futuro ministro della Giustizia è la dottoressa Parenti" (6-2-94).
Invece sarà Alfredo Biondi.
"Credo che al ministero dell’Interno ci sia bisogno di una persona esperta...
di un nonno" (La Stampa, 20-4-94). Infatti offre il ministero al pm Antonio
Di Pietro (44 anni), ma questi rifiuta, e allora Berlusconi nomina il leghista
Roberto Maroni (39 anni).
"Siamo orientati ad un governo molto snello, magari con meno
sottosegretari: sarebbe una bella rottura con il passato" (12-4-94). I
sottosegretari saranno 39, rispettivamente 3 e 4 in più rispetto ai precedenti
governi Ciampi e Amato.
"Il criterio per l’assegnazione dei ministeri sarà assolutamente meritocratico,
nessuna spartizione delle poltrone" (19-4-94). Infatti, per esempio, la
latinista Adriana Poli Bortone andrà alle Risorse Agricole.
"Questo governo è schierato dalla parte dell’opera di moralizzazione della
vita pubblica intrapresa da valenti magistrati. No ai colpi di spugna. Da
questo governo non verrà mai messa in discussione l’indipendenza dei
magistrati" (al Senato, 16-5-94). In 7 mesi di vita, il governo Berlusconi
metterà quotidianamente in discussione l’indipendenza dei giudici e
approverà in tutta fretta il "colpo di spugna" di Biondi, detto anche "decreto
salvaladri", che vieta l’arresto per i reati di corruzione, concussione,
finanziamento illecito e falso in bilancio.
"Falcone e Borsellino hanno dato la vita contro la mafia. E’ nel loro nome
che il governo si sente vincolato a proseguirne l’opera. Sarebbe suicida
abbassare la guardia contro la criminalità. Bisogna invece dotare di
strumenti migliori la polizia e la magistratura" (al Senato il 16 e alla Camera
il 18-5-94). Il primo governo Berlusconi e la sua maggioranza tenteranno di
smantellare la legislazione voluta (e pagata con il sangue) da Falcone e
Borsellino: carcere duro per i boss (41-bis), legge sui pentiti, supercarceri
nelle isole e così via.
"Vi assicuro che non ci sarà il condono edilizio" (30-5-94). "Nel Consiglio dei
ministri o altrove non ho mai pronunciato la parola ’condono’. Sono i giornali
che vogliono farci apparire come gli altri governi" (23-6-94). Un mese dopo
il suo governo varerà il condono edilizio, e subito dopo quello fiscale.
"Alla Rai non sposterò nemmeno una pianta" (29-3-94). "Mai mi occuperò di
questioni televisive, per non dare l’impressione di voler favorire i miei affari,
anzi starò più dalla parte della Rai che della Fininvest" (30-5-94). Pochi
giorni dopo, Berlusconi destituisce anzitempo l’intero consiglio
d’amministrazione della Rai, per nominarne uno nuovo di sua fiducia, con
appositi direttori di rete e tg. E proclama: "E’ certamente anomalo che in
uno Stato democratico esista un servizio pubblico televisivo contro la
maggioranza che ha espresso il governo del Paese. Questa Rai non piace
alla gente: me l’ha detto un sondaggio. Il governo se ne occuperà tra breve"
(7-6-94).
"Le nonne, le mamme e le zie d’Italia stiano tranquille: non sarà toccata una
lira delle pensioni attuali" (10-9-94). Poco dopo Berlusconi tenta una riforma
che taglia drasticamente le pensioni, poi bloccata da una manifestazione
sindacale con oltre un milione di persone e dalla dissociazione del suo
ministro del Lavoro Clemente Mastella, nonché del partito alleato Lega Nord
che lascia il governo e lo rovescia.

BERLUSCONI OPPOSITORE


"La par condicio ha danneggiato gravemente il Polo delle libertà" (20-4-95).
L’Osservatorio dell’università di Pavia sulle televisioni dimostra,
ininterrottamente dal 1995, che i politici più presenti sulle reti televisive
sono Berlusconi e i suoi uomini.
"Pochi ricordano che la Thatcher ha privatizzato qualunque cosa, tranne che
la British Telecom" (Liberal, 4-4-95). Ma è vero il contrario. Scrive infatti
Margaret Thatcher nella sua autobiografia ("Gli anni di Downing Street",
Sperling & Kupfer, 1994, pag.577): "British Telecom fu il primo servizio
pubblico ad essere privatizzato. Più di qualsiasi altra, la sua vendita pose le
basi del capitalismo ad azionariato popolare in Gran Bretagna... Fui più che
soddisfatta quando nel novembre 1984… British Telecom fu finalmente
privatizzata".
"Non so se avrò voglia di tornare a Palazzo Chigi. Troppo faticoso. La
presidenza del Consiglio non la reputo essenziale, non ho questa ambizione
personale" (10-2-95). "Non mi ritengo indispensabile. Sono assolutamente
favorevole ad un tecnico a Palazzo Chigi, io potrei restare leader del Polo in
cabina di regia" (13-4-95). "Adesso che si torna al teatrino della politica,
diventa inutile che io resti in pista. Meglio tornare a curare le mie aziende"
(31-5-95). "Il ruolo di regista delle riforme, come leader del Polo in
Parlamento, è un ruolo che mi attira molto di più di quello di presidente del
Consiglio" (10-10-95). Silvio Berlusconi avrà sempre un solo candidato per
Palazzo Chigi: Silvio Berlusconi.

BERLUSCONI EDITORE

"Noi non abbiamo giornali- partito. Noi non teorizziamo né tantomeno
pratichiamo l’informazione come strumento di ricatto politico. I nostri sono
eccellenti prodotti editoriali, non fabbriche di consenso o, quel che è peggio,
di calunnie, di derisione, di disprezzo… Non ho mai usato né mai userò i miei
mezzi di comunicazione per scatenare campagne di aggressione contro un
concorrente, né diffamare chi non è d’accordo con me. Lascio questi metodi
ad altri" (Epoca, 20-10-93). Chiunque conosca giornali e tv berlusconiani sa
che, almeno dopo l’entrata in politica di Berlusconi, sono stati trasformati in
formidabili strumenti di attacco, aggressione e spesso anche di diffamazione
per i magistrati e gli avversari politici del loro proprietario.

BERLUSCONI RICANDIDATO

"Dal 1995, passata all’opposizione dopo il golpe politico-giudiziario, mentre
fischiavano le pallottole delle procure politicizzate, Forza Italia…" (da "Una
storia italiana", l’autobiografia illustrata di Berlusconi inviata in 20 milioni di
copie a tutte le famiglie italiane nell’aprile 2001, in piena campagna
elettorale). Forza Italia passò all’opposizione perché, il 21 dicembre ’94,
Berlusconi salì al Quirinale e si dimise da presidente del Consiglio: la Lega
Nord gli aveva revocato l’appoggio, votando mozioni di sfiducia insieme al
Ppi di Rocco Buttiglione e al Pds di Massimo D’Alema. Le procure non
c’entrano nulla.
"Io non ho nulla a che vedere con All Iberian e non possiedo società offshore
all’estero" (Silvio Berlusconi, 15-3-2000). La Cassazione ha già
accertato definitivamente che All Iberian è interamente controllata dalla
Fininvest. Tant’è che i suoi conti esteri venivano aperti dal tesoriere centrale
del gruppo Berlusconi, Giuseppino Scabini. All Iberian è una società offshore
con sede all’estero (isole del Canale), come le altre 63 scoperte dal
pool di Milano e confermate dalla società di revisione internazionale Kpmg.
"Le nostre holding erano intestate ai nostri consulenti perché si faceva così,
era tutto normale: le trovavamo già pronte negli studi professionali
specializzati" (26-4-2001). Le 34 holding "Italiana 1,2,3,4 eccetera" che
stanno dietro alla Fininvest sin dalla fine degli anni 70 e le altre società della
galassia berlusconiana nascono quasi tutte senza il nome di Berlusconi, ma
intestate a prestanome: una cinquantina fra parenti, amici, casalinghe
baresi, disoccupati calabresi, elettricisti, malati terminali colpiti da ictus,
persino un cecoslovacco nato nel 1887. Tutto normale?
"Nessun mistero sulle origini delle mie fortune: ho cominciato con la
liquidazione di mio padre: 30 milioni" (26-4-2001). Poi, però, fra il 1978 e il
1983 Berlusconi si ritrovò in tasca 113 miliardi (degli anni 70, pari ad
almeno 250 milioni di euro odierni). In parte giunti in contanti. Sulla
provenienza di quel fiume di denaro, Berlusconi non ha mai voluto spiegare
nulla. Nemmeno quando, nel novembre 2002, il Tribunale di Palermo che
sta processando il suo braccio destro Marcello Dell’Utri (parlamentare
europeo e italiano, già condannato per false fatture e frode fiscale e
imputato per mafia, calunnia ed estorsione), si è recato in trasferta a
Palazzo Chigi per interrogarlo. In quell’occasione, alle domande sulle origini
di quei quattrini e sulle ragioni che lo indussero a ospitare in casa sua per
due anni un boss mafioso del calibro di Vittorio Mangano, con mansioni di
"stalliere" o di "fattore", il premier ha Berlusconi ha risposto: "Mi avvalgo
della facoltà di non rispondere". E i giudici sono ritornati a Palermo a mani
vuote.

BERLUSCONI PREMIER/2

"Meno tasse per tutti" (slogan elettorale di Berlusconi, maggio 2001). Le
tasse degli italiani resteranno le stesse, anzi aumenteranno per l’incremento
sostanzioso dei tributi regionali e comunali, in conseguenza dei tagli ai
trasferimenti governativi a comuni e regioni. Il 13 novembre 2001, in visita
a Granada (Sagna), Berlusconi e il suo ministro dell’Economia Giulio
Tremonti comunicano che "i conti pubblici non sono ancora a posto", dunque
di ridurre le tasse non se ne parla. Così come della riforma delle pensioni,
promessa in campagna elettorale alla Confindustria. Che subito protesta.
"Non ho mai detto che la civiltà occidentale è superiore all’Islam. E’ colpa di
una sinistra irresponsabile che diffonde notizie false sul mio conto" (7-9-
2001). In realtà Berlusconi, soltanto il giorno prima, ha dichiarato
testualmente in una conferenza stampa dalla Germania: "Noi dobbiamo
essere consapevoli della superiorità della nostra civiltà, che ha dato luogo al
benessere e al rispetto dei diritti umani e religiosi. Cosa che non c’è nei
paesi dell’Islam... Dobbiamo evitare di mettere le due civiltà, quella islamica
e quella nostra sullo stesso piano… La libertà non è un patrimonio della
civiltà islamica… La nostra civiltà deve estendere a chi è rimasto indietro di
almeno 1400 anni nella storia i benefici e le conquiste che l’Occidente
conosce… C’è una singolare coincidenza fra gli islamici e gli anti-global nella
loro opposizione all’Occidente". Poi l’incidente diplomatico internazionale, le
proteste della Lega Araba ("posizioni razziste"), l’imbarazzo dell’Occidente
impegnato nel tentativo di coinvolgere nella lotta al terrorismo
fondamentalista delle Due Torri i paesi islamici moderati. Così il Cavaliere è
costretto alla smentita, cioè all’ennesima bugia.
"Ho fatto un’esposizione sommaria della legge finanziaria e ho trovato
un’ottima accoglienza sia da Prodi sia dal commissario Pedro Solbes" (10-
10-2001). Così Berlusconi al termine di un incontro ufficiale a Bruxelles con
il presidente Romano Prodi e gli altri membri della Commissione europea.
Senonché Prodi cade dalle nuvole: "Non ne abbiamo neanche parlato".
Anche Solbes lo smentisce: "Non ho espresso alcun giudizio sulla finanziaria
italiana, la valuterò insieme al patto di stabilità". Berlusconi è costretto alla
retromarcia: "Io ho illustrato l’azione del mio governo, Prodi e Solbes mi
hanno ascoltato in silenzio". Poi, in conferenza stampa, se la prende con il
"club della menzogna della sinistra" che gli attribuirebbe frasi mai dette.
"La tv pubblica è interamente nelle mani della sinistra, e anche la tv privata
si sbilancia a sinistra" (30-1-2002, a Le Figaro). Appena tornato al governo,
Berlusconi, che già detiene il monopolio assoluto della televisione
commerciale (Canale 5, Italia 1, Rete 4), nomina suoi uomini al vertice delle
tre reti pubbliche Rai (presidente Antonio Baldassarre, direttore generale
Agostino Saccà). Costoro allontanano dal video i due giornalisti più famosi
della Rai, sgraditi al premier - Enzo Biagi e Michele Santoro - nonché il
comico Daniele Luttazzi, anche lui inviso al Cavaliere. Poi, quando il primo
consiglio di amministrazione si dimette agli inizi del 2003, Berlusconi
riunisce gli alleati in casa propria per decidere i nuovi consiglieri, facendo
infuriare addirittura i presidenti delle due Camere, che rifiutano di ratificare
le nomine. Alla fine, viene creato un nuovo Cda Rai formato da 4 esponenti
del centro-destra e uno solo del centro-sinistra. Anche il direttore generale,
amico di Berlusconi e del fratello Paolo, è di stretta obbedienza governativa.
"Comprare Alessandro Nesta (difensore della Lazio e della Nazionale, ndr)
per il Milan? Sono cose che non hanno più nulla di economico, di morale. Nel
calcio abbiamo sbagliato tutti, ora basta" (23-8-2002). L’indomani il Milan di
Berlusconi annuncia l’acquisto di Nesta, avvenuto da almeno una settimana.
"Non capisco tutta questa fretta per la legge Cirami sul legittimo sospetto
(che gli consente di spostare i suoi processi da Milano a Brescia, ndr)" (31-
7-2002). "La legge sul legittimo sospetto è una priorità per il governo" (30-
8-2002).
"E se in Irak non ci fossero più armi di distruzione di massa? Come parere
personale, non credo che ci siano più quegli ordigni" (16-10-2001, al
termine di un lungo incontro con Vladimir Putin). "Sono e resto con Blair,
l’alleato più vicino a Bush. Non ho mai detto che Saddam non ha armi di
distruzione di massa. Dico solo che potrebbe avere avuto il tempo di
distruggerle o di metterle da qualche altra parte" (17-10-2002, dopo le
incredule proteste di Londra e Washington).
"Mediaset non farà alcun ricorso al condono fiscale" (30-12-2002).
Berlusconi smentisce le rivelazioni del quotidiano La Repubblica, il quale
calcola che il condono fiscale contenuto nella legge finanziaria Berlusconi
consentirà al gruppo Mediaset di chiudere la lite col fisco per il possesso di
società off-shore risparmiando multe per 100 milioni di euro, pari a 200
miliardi di lire. Cinque mesi dopo, il settimanale l’Espresso scoprirà che
Mediaset ha regolarmente fatto ricorso al condono, risparmiando così circa
120 milioni di euro di imposte.
"Ho assoluta fiducia nella Cassazione, fiducia che non né mai mancata. Altra
cosa sono certi pm che vogliono un ruolo particolare e imbastiscono processi
che finiscono nel nulla" (26 gennaio 2003).L’indomani la Cassazione gli dà
torto e non sposta i suoi processi da Milano. Lui, il premier, tuona subito
contro i "giudici golpisti".

BERLUSCONI IMPUTATO

"Giuro sui miei cinque figli che non so nulla di quanto mi viene contestato
(le tangenti alla Guardia di Finanza, ndr). Sono vittima di una grande
ingiustizia. Mi dicono che questo avviso è la risposta a quanto stiamo
facendo" (23-11-94). "E’ come se mi avessero mandato un avviso di
garanzia accusandomi di non chiamarmi Silvio Berlusconi. Siccome sono
certo di chiamarmi Silvio Berlusconi, non credo che nessun tribunale giusto
al mondo possa condannarmi perché mi chiamo Silvio Berlusconi. Può
esserci una condanna, ma allora non sarà un atto di giustizia, ma
sovversione" (1-12-94). "Io corruttore? Sarebbe come incolpare suor Teresa
di Calcutta, dopo una vita di sacrifici, se una bambina dell’istituto allungasse
una mano per pigliare un quarto di mela dal fruttivendolo, non per sé, ma
per darlo ad un altro" (27-10-95). "Nessuno si è reso responsabile di
corruzione, il capo del gruppo non era minimamente a conoscenza di quanto
gli viene addebitato. Il vero scandalo sta semmai nel fatto che la mia
impresa, come quasi tutte le imprese italiane, sia stata sottoposta a
pressioni concussive da parte di un corpo armato dello Stato... Siamo stati
costretti a pagare da un’associazione a delinquere come la Guardia di
Finanza, da elementi deviati di un corpo armato dello Stato" (16-1-96). Con
buona pace dell’incolpevole prole, due dirigenti Fininvest verranno
definitivamente condannati per corruzione della Guardia di Finanza, un
consulente legale definitivamente per favoreggiamento, i due segretari per
falsa testimonianza in primo e secondo grado, mentre Berlusconi verrà
condannato dal Tribunale per corruzione, dichiarato prescritto (cioè
responsabile, ma non più punibile) dalla Corte d’appello, infine assolto dalla
Cassazione. Ma solo per "insufficienza probatoria".
"Publitalia non ha mai emesso fatture false, e funziona come un orologio"
(31-5-95). Ma i massimi dirigenti di Publitalia, dal presidente fondatore
Marcello Dell’Utri in giù, hanno patteggiato condanne per decine di miliardi
di false fatture e frodi fiscali.
"Sono pronto a lasciare la guida del Polo, la Camera e la vita politica se
verrà dimostrato un rapporto mio o della Fininvest o di una società del
gruppo col signor Bettino Craxi, diverso da quello della pura amicizia!" (29-
11-95). Craxi è colui che nel 1984 impose con il suo governo al Parlamento
ben due decreti ad personam, i "decreti Berlusconi", per salvare le
televisioni dell’amico finite sotto inchiesta (e minacciate di sequestro dai
magistrati) perché trasmettevano illegalmente su tutto il territorio
nazionale. La Corte di Cassazione, confermando la prescrizione del reato di
finanziamento illecito nel processo sulla società berlusconiana off-shore "All
Iberian", ha ritenuto dimostrato che Berlusconi versò illegalmente a Craxi,
tra il 1990 e il 1992, ben 21 miliardi estero su estero. Ma Berlusconi non ha
lasciato la vita politica.
"Non ho mai fatto alcun attacco alla magistratura" (10-10-95). "Se c’è una
cosa che mi viene addebitata e che non risponde al vero è da parte mia un
giudizio negativo nei confronti dei magistrati" (25-11-95). "Io sono un
grande estimatore della magistratura e l’ho dimostrato nella mia attività di
governo, durante la quale sono sempre stato vicino ai problemi dei giudici"
(7-12-95). "Mi consenta ancora una volta di esprimere ammirazione verso la
magistratura e i giudici" (23-1-96). Una costante dell’azione politica è
l’attacco sistematico, scientifico, incessante alla magistratura di ogni ordine
e grado: dai pm di Milano (ma anche di Palermo, Napoli, Torino: tutti quelli
che si sono occupati di lui o di sue aziende) ai giudici per le indagini
preliminari, da quelli di tribunale a quelli di appello, su su fino alle sezioni
unite della Corte di Cassazione, massima istanza giurisdizionale del Paese.
"Le inchieste sul mio gruppo sono iniziate soltanto dopo il mio impegno in
politica. Prima non avevo mai subito nulla del genere" (17-6-2003). Ma è
vero il contrario: prima nascono le inchieste sulla Fininvest di Berlusconi, poi
(e forse proprio per questo) Berlusconi "scende in campo" politico. La prima
indagine (poi archiviata) sul Berlusconi imprenditore, per traffico di droga,
fu aperta a Milano nel lontano 1983. Nel 1989 poi, sempre a Milano,
Marcello Dell’Utri finì per la prima volta sotto inchiesta per mafia
(prosciolto). La tesi della persecuzione politica per via giudiziaria, già
esposta dal premier in una denuncia a Brescia, è stata così smontata dal gip
Carlo Bianchetti nell’archiviazione del 15 maggio 2001: "Risulta dall’esame
degli atti che, contrariamente a quanto si desume dalle prospettazioni del
denunciante, le iniziative giudiziarie… avevano preceduto e non seguito la
decisione di "scendere in campo"… [Il pool di Mani pulite ha compiuto, tra] il
27 febbraio ’92 e il 20 luglio ’93, ben 25 accessi presso Fininvest e
Publitalia". Lo stesso Berlusconi, al momento di entrare in politica verso la
fine del 1993, aveva confidato ai famosi giornalisti Enzo Biagi e Indro
Montanelli (che l’hanno poi raccontato): "Se non entro in politica, fallisco e
mi arrestano".
"E questo potere arbitrario e di casta è stato illiberalmente esercitato nel
1994 contro un governo sgradito alla magistratura giacobina di sinistra,
governo messo platealmente sotto accusa attraverso il suo leader in un
procedimento iniziato a Napoli mentre presiedeva una Convenzione delle
Nazioni Unite e sfociato poi, per assoluta mancanza di fondatezza, in una
clamorosa assoluzione molti anni dopo" (29-1-2003). Berlusconi si ostina a
ripetere che, nel 1994, il suo governo fu rovesciato dall’invio di un "avviso di
garanzia" per le mazzette Fininvest alla Guardia di Finanza, a Napoli, mentre
lui presiedeva un convegno sulla criminalità organizzata. Si trattava in realtà
di un "invito a comparire" (una convocazione per un interrogatorio), dovuto
per legge, che non fu affatto notificato a Napoli, ma a Roma. E fu
preannunciato al telefono all’interessato la sera prima (21 novembre ’94)
dai carabinieri. Fu dunque Berlusconi, pur sapendo di essere sospettato di
corruzione, a decidere ugualmente di presiedere il convegno anche
l’indomani (giorno 22), esponendo il buon nome dell’Italia al ludibrio
internazionale. Ai magistrati milanesi, secondo un’informativa dei
carabinieri, risultava che lui, la sera stessa del 21, sarebbe rientrato a Roma
abbandonando il convegno napoletano inaugurato la mattina. Perciò
inviarono i militari per la consegna a Roma, non a Napoli. Quanto alle
ragioni della caduta del governo, quell’atto non ebbe alcuna conseguenza.
L’hanno stabilito i magistrati di Brescia, ai quali Berlusconi aveva presentato
un esposto contro i magistrati milanesi per "attentato agli organi
costituzionali" (cioè al suo primo governo). Nell’ordinanza del giudice Carlo
Bianchetti che il 15 maggio 2001 archivia l’inchiesta e assolve il pool di
Milano, si legge: "Alla causazione del cosiddetto "ribaltone" è stata
sostanzialmente estranea la vicenda dell’invito a presentarsi, dal momento
che, secondo la testimonianza dell’allora ministro Maroni, la decisione della
Lega Nord di "sfiduciare" il governo Berlusconi (decisione che era stata
determinante nella caduta dell’Esecutivo) era stata formalizzata il 6
novembre 1994, e perciò due settimane prima; trovava comunque le sue
radici in un insanabile contrasto tra la Lega Nord e gli altri partiti del Polo
delle Libertà risalente a fine agosto ’94, allorché l’on. Bossi era venuto a
sapere dell’intenzione del capo del governo di "andare alle elezioni
anticipate in autunno".
"Nel processo Sme non ci sono né indizi né prove contro di me, c’è solo il
teorema della signora Stefania Ariosto, una mitomane che ha fatto dei
pettegolezzi. Per la Sme mi aspetterei non un processo, ma una medaglia
d’oro al valore civile per avere salvato l’Italia da una svendita di un bene
pubblico per 500 miliardi quando ne valeva 2500". La teste Stefania Ariosto
non parla dell’affare Sme: si limita a raccontare ciò che ha visto e sentito a
proposito di Previti e della corruzione di alcuni giudici romani. In realtà, nel
processo Sme, gli imputati sono sotto accusa per alcuni bonifici bancari. Il
primo riguarda l’industriale Pietro Barilla (deceduto nel ’93): il 2 maggio e il
26 luglio 1988 da un conto estero di Barilla partono due accrediti (1 miliardo
e 800 milioni di lire) destinati all’avvocato Attilio Pacifico, braccio destro
dell’avvocato berlusconiano Cesare Previti. Pacifico versa, secondo l’accusa,
200 milioni in contanti al giudice Filippo Verde, e tramite bonifico 850 a
milioni a Previti e 100 al giudice Renato Squillante. Il secondo bonifico
chiama invece direttamente in causa la Fininvest. Il 6 marzo 1991, dal conto
svizzero "Ferrido", aperto dal capo della tesoreria Fininvest Giuseppino
Scabini, vengono accreditati 434.404 dollari sul conto "Mercier" di Previti, da
dove, un’ora dopo, vengono girati sul conto "Rowena" del giudice Squillante.
Secondo l’accusa, il conto Ferrido (della galassia All Iberian) era alimentato
con fondi personali e familiari di Berlusconi. Di qui l’accusa, per tutti, di
corruzione giudiziaria. Per la Sme (la finanziaria alimentare dell’Iri),
Berlusconi non sventò alcuna svendita: la quota dell’azienda in vendita da
parte dell’Iri era stata valutata 500 miliardi da due esperti dell’università
milanese Bocconi, e dunque Carlo De Benedetti, unico offerente nel 1985,
aveva offerto quella cifra. Poi Berlusconi, su ordine di Craxi, si intromise
nell’affare, rilanciando per un 10% appena: il minimo indispensabile per
entrare in partita. Dunque offrì 550 miliardi, poco più di De Benedetti, poco
meno di un quinto rispetto al valore che oggi egli pretende di attribuire alla
Sme del 1985.
"La magistratura politicizzata, nel 1992-’93, ha cancellato cinque partiti
dalla vita pubblica, risparmiando i comunisti per portarli al potere". A parte
il fatto che, a Milano, il pool Mani Pulite arrestò e inquisì quasi l’intero
vertice del Pci-Pds, esattamente come quelli dei partiti moderati, va detto
che le prime elezioni dopo Tangentopoli non le vinsero le sinistre. Le vinse
Berlusconi, occupando lo spazio lasciato libero dal pentapartito che si era
sciolto per mancanza di voti dopo lo scandalo. Il 24 gennaio 1994, al
momento della sua discesa in campo, il Cavaliere elogiò il pool di Milano per
avere scoperchiato lo scandalo di Tangentopoli: "La vecchia classe politica è
stata travolta dai fatti e superata dai tempi [...]. L’autoaffondamento dei
vecchi governanti, schiacciati dal peso del debito pubblico e del
finanziamento illegale dei partiti, lascia il paese impreparato e incerto...". E
il 6 febbraio rincarò la dose: "Basta con i ladri di Stato, noi siamo per una
politica nuova, diversa, pulita. Siamo l’Italia che lavora contro l’Italia che
ruba". Subito dopo tentò di avere nel suo governo i due simboli del pool di
Mani Pulite: Antonio Di Pietro al ministero dell’Interno e Piercamillo Davigo
alla Giustizia. I due, però, rifiutarono. Ma evidentemente, all’epoca,
Berlusconi non li considerava "toghe rosse".
"I magistrati milanesi abusavano della carcerazione preventiva per estorcere
confessioni agli indagati" (30-9-2002). Anche questo cavallo di battaglia
della polemica berlusconiana anti-giudici è smentita dai fatti e, soprattutto,
dalla relazione consegnata al governo dai quattro ispettori ministeriali inviati
contro il pool di Milano nell’ottobre 1994 dal guardasigilli Alfredo Biondi
(Forza Italia, primo governo Berlusconi). Relazione resa nota il 15 maggio
’95: "Nessun rilievo può essere mosso ai magistrati milanesi, i quali non
paiono aver esorbitato dai limiti imposti dalla legge nell’esercizio dei loro
poteri [...]. Non si è riscontrata un’apprezzabile e significativa casistica di
annullamenti delle decisioni che hanno dato luogo a quelle detenzioni [...]. I
provvedimenti custodiali sono stati spesso suffragati [...] dall’ulteriore e
decisiva prova della confessione dell’indagato. Né è risultato che tali
confessioni siano state in seguito ritrattate perché rese sotto la minaccia
dell’ulteriore protrarsi della detenzione [...]. Non è possibile ascrivere quelle
confessioni alle "condizioni fisiche e psicologiche disumane" nelle quali si
sarebbero venuti a trovare molti indagati, alcuni dei quali suicidatisi,
condizioni cui fa riferimento l’on. Sgarbi: non è stata mai segnalata
l’applicazione di regimi detentivi differenziati e inaspriti rispetto alla
generalità dei casi".
"I magistrati del pool di Milano avevano come obbiettivo quello di favorire la
presa di potere da parte delle sinistre" (9-5-2003). A parte le considerazioni
già esposte, è interessante leggere la risposta data il 23 ottobre 1996 dal
ministro dell’Interno britannico Simon Brown al Parlamento britannico, per
spiegare il diniego opposto al ricorso degli avvocati di Berlusconi, i quali
parlavano di inchieste e reati "politici" per opporsi alla consegna dei
documenti sui conti esteri della galassia All Iberian: "Se ben capisco
l’argomentazione dei richiedenti [la Fininvest], essi sostengono che l’azione
giudiziaria in corso in Italia per donazioni illecite di 10 miliardi al signor
Craxi è politica, e che le accuse di falso contabile [...] sarebbero reato
connesso. Le donazioni politiche illegali sono un reato politico? Non sono
d’accordo. A me sembra piuttosto un reato contro la legge ordinaria
promulgata per garantire un corretto ordinamento del processo democratico
in Italia - reato in nulla diverso, diciamo, dal votare due volte alle elezioni
[...]. Il reato in questione è stato commesso per influenzare la politica del
governo: non si pagano clandestinamente grosse somme di denaro a un
partito politico senza uno scopo [...]. Non accetto in nessun modo che il
desiderio della magistratura italiana di smascherare e punire la corruzione
nella vita pubblica e politica, e il conflitto che ciò ha creato tra i giudici e i
politici in quel paese, operi in modo tale da trasformare i reati in questione
in reati politici. È un uso scorretto del linguaggio definire la campagna dei
magistrati come improntata a "fini politici", o le loro azioni nei confronti del
signor Berlusconi come persecuzione politica. Al contrario, tutto ciò che ho
letto su questo caso suggerisce che la magistratura stia dimostrando una
giusta indipendenza politica dall’esecutivo ed equanimità nel trattare in
modo eguale i politici di tutti i partiti [...]. [Il reato] non è intrinsecamente
politico, né lo diviene nel caso che l’autore del reato speri di cambiare la
politica del governo comprando influenza politica, e neanche se il potere
giudiziario, perseguendo lui, spera di ripulire la politica. Nessuno degli
argomenti dei richiedenti riesce a persuadermi in nulla che i reati in
questione siano politici. Non riesco proprio a vedere i pagatori corrotti della
politica come i "Garibaldi di oggi", o cercatori di libertà, o "prigionieri
politici".
"I magistrati milanesi abusavano della carcerazione preventiva per estorcere
confessioni agli indagati" (30-9-2002). Anche questo cavallo di battaglia
della polemica berlusconiana anti-giudici è smentita dai fatti e, soprattutto,
dalla relazione consegnata al governo dai quattro ispettori ministeriali inviati
contro il pool di Milano nell’ottobre 1994 dal guardasigilli Alfredo Biondi
(Forza Italia, primo governo Berlusconi). Relazione resa nota il 15 maggio
’95: "Nessun rilievo può essere mosso ai magistrati milanesi, i quali non
paiono aver esorbitato dai limiti imposti dalla legge nell’esercizio dei loro
poteri [...]. Non si è riscontrata un’apprezzabile e significativa casistica di
annullamenti delle decisioni che hanno dato luogo a quelle detenzioni [...]. I
provvedimenti custodiali sono stati spesso suffragati [...] dall’ulteriore e
decisiva prova della confessione dell’indagato. Né è risultato che tali
confessioni siano state in seguito ritrattate perché rese sotto la minaccia
dell’ulteriore protrarsi della detenzione [...]. Non è possibile ascrivere quelle
confessioni alle "condizioni fisiche e psicologiche disumane" nelle quali si
sarebbero venuti a trovare molti indagati, alcuni dei quali suicidatisi,
condizioni cui fa riferimento l’on. Sgarbi: non è stata mai segnalata
l’applicazione di regimi detentivi differenziati e inaspriti rispetto alla
generalità dei casi".
BERLUSCONI E IL CONFLITTO D’INTERESSI
"Dire che nell’attività di governo e politica ci sia stato qualche volta un
interesse personale, non solo del signor Berlusconi, ma anche di altri
membri di Forza Italia, è una vergogna" (14-12-95). "La vecchia classe
politica che facendo politica prendeva soldi. Io posso dire che per fare
politica ne ho spesi parecchi" (15-12-95). Il primo governo Berlusconi
passerà alla storia per due provvedimenti: il decreto Biondi, che vietava le
custodia in carcere per corruzione alla vigilia dell’arresto di Paolo Berlusconi
per corruzione; e la legge Tremonti, che ha fruttato alla Mediaset dello
stesso Berlusconi (Silvio) sgravi fiscali per 243 miliardi.
"Ho dato incarico ai miei manager di avviare le dismissioni delle mie
proprietà" (23-3-94). "Ho sempre riconosciuto che c’era un’anomalia da
sanare... Sono il primo a proporre una soluzione di separazione drastica tra
l’esercizio dei doveri di governo e l’esercizio dei diritti proprietari" (2-8-94).
"Le mie aziende o le congelo o le vendo. Voglio assolutamente dividere i
miei interessi privati che ho come azionista Fininvest dalla mia attività
pubblica che svolgerò nell’interesse di tutti. Credo che quella del blind trust
americano sia la soluzione ideale" (11-4-94). "Oggi vi annuncio che ho
deciso di vendere le mie aziende, perché credo che qualcuno, quando si
prende un impegno e dentro questo impegno ci sono certe condizioni che
sono ostative allo svolgimento globale dell’impegno, deve avere anche il
coraggio di sacrificarsi... Non sarà facile trovare un compratore, ma
andremo in Borsa con la televisione e terrò una quota assolutamente non di
maggioranza" (23-11-94). "Da novembre ho dato mandato irrevocabile alla
Fininvest di vendere le tv" (18-3-95). "Venderò le tv ad imprenditori
internazionali" (Il Giornale, 1-4-95). "Il conflitto d’interessi sarà risolto nei
primi cento giorni del mio governo" (5-5-2001). Nove anni dopo il suo primo
governo e due anni dopo l’avvio del secondo, Berlusconi non ha risolto il
conflitto d’interessi né tantomeno ha ceduto alcuna delle sue aziende. Anzi,
il 21 dicembre 2001, comunica agli italiani che "il conflitto d’interessi esiste
solo nel senso che le mie aziende ci hanno rimesso da quando sono entrato
in politica al servizio del Paese". E il 7 maggio 2003, ancora più esplicito: "Il
conflitto d’interessi è una scusa. Tutti vedono bene che non c’è nessun
conflitto d’interessi. Anzi, io non posso fare che cose sfavorevoli al mio
gruppo. Non c’è stata una sola decisione assunta da questa maggioranza e
da questo governo che abbia portato cose a mio favore. Da quando sono
sceso in politica, il mio gruppo ha subìto soltanto danni enormi".

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