Ragion d'Essere

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giovedì 21 ottobre 2010

Berlusconi ed i suoi misteri


La vita e la carriera dell’imprenditore Silvio Berlusconi, nonostante le
biografie autorizzate che il protagonista ha fatto pubblicare o propiziato nel
corso degli anni con fini auto-agiografici, rimane costellata di buchi neri e di
domande senza risposta. Piccolo riepilogo degli omissis più inquietanti.

1) La Edilnord Sas è la società fondata nel 1963 da Silvio Berlusconi per
costruire Milano 2. Soci accomandatari (quelli che vi operano), oltre al
futuro Cavaliere, sono il commercialista Edoardo Piccitto e i costruttori Pietro
Canali, Enrico Botta e Giovanni Botta. Soci accomandanti (quelli che
finanziano l’operazione) il banchiere Carlo Rasini, titolare dell’omonima
banca con sede in via dei Mercanti a Milano, e l’avvocato d’affari Renzo
Rezzonico, legale rappresentante di una finanziaria di Lugano: la
"Finanzierungesellschaft für Residenzen Ag", di cui nessuno conoscerà mai i
reali proprietari. Si tratta comunque di gente molto ottimista, se ha affidato
enormi capitali a Berlusconi, cioè a un giovanotto di 27 anni che, fino a quel
momento, non ha dato alcuna prova imprenditoriale degna di nota.

2) Sulla banca Rasini, dove il padre Luigi Berlusconi lavora per tutta la vita,
da semplice impiegato a direttore generale, ecco la risposta di Michele
Sindona (bancarottiere piduista legato a Cosa Nostra e riciclatore di denaro
mafioso) al giornalista americano Nick Tosches, che nel 1985 gli domanda
quali siano le banche usate dalla mafia: "In Sicilia il Banco di Sicilia, a volte.
A Milano una piccola banca in piazza Mercanti". Cioè la Rasini, dove -
ripetiamo - Luigi Berlusconi, padre di Silvio, ha lavorato per tutta a vita, fino
a diventarne il procuratore generale. Alla Rasini tengono i conti correnti noti
mafiosi e narcotrafficanti siciliani come Antonio Virgilio, Salvatore Enea,
Luigi Monti, legati a Vittorio Mangano, il mafioso che lavora come fattore
nella villa di Berlusconi fra il 1973 e il 1975.
3) Il 29 ottobre 1968 nasce la Edilnord Centri Residenziali Sas (una sorta di
Edilnord 2): stavolta, al posto di Berlusconi, come socio accomandatario c’è
sua cugina Lidia Borsani, 31 anni. E i capitali li fornisce un’altra misteriosa
finanziaria luganese, la "Aktiengesellschaft für Immobilienanlagen in
Residenzentren Ag" (Aktien), fondata da misteriosi soci appena 10 giorni
prima della nascita di Edilnord 2. Berlusconi da questo momento sparisce
nel nulla, coperto da una selva di sigle e prestanome. Riemergerà solo nel
1975 per presiedere la Italcantieri, e nel 1979, come presidente della
Fininvest. Intanto nascono decine di società intestate a parenti e figuranti,
controllate da società di cui si ignorano i veri titolari. Come ha ricostruito
Giuseppe Fiori nel libro "Il venditore" (Garzanti, 1994, Milano), Italcantieri
nasce nel 1973, costituita da due fiduciarie ticinesi: "Cofigen Sa" di Lugano
(legata al finanziere Tito Tettamanzi, vicino alla massoneria e all’Opus Dei) e
"Eti A.G.Holding" di Chiasso (amministrata da un finanziere di estrema
destra, Ercole Doninelli, proprietario di un’altra società, la Fi.Mo, più volte
inquisita per riciclaggio, addirittura con i narcos colombiani).

4) Nel 1974 nasce la "Immobiliare San Martino", amministrata da Marcello
Dell’Utri e capitalizzata da due fiduciarie del parabancario Bnl: la Servizio
Italia (diretta dal piduista Gianfranco Graziadei) e la Saf (Società Azionaria
Finanziaria, rappresentata da un prestanome cecoslovacco, Frederick
Pollack, nato nientemeno che nel 1887). A vario titolo e con vari sistemi e
prestanome, "figlieranno" una miriade di società legate a Berlusconi e ai
suoi cari: a cominciare dalle 34 "Holding Italiana" che controllano il gruppo
Fininvest. Secondo il dirigente della Banca d’Italia Francesco Giuffrida e il
sottufficiale della Guardia di Finanza Giuseppe Ciuro, consulenti tecnici della
Procura di Palermo al processo contro Marcello Dell’Utri per concorso
esterno in associazione mafiosa, queste finanziarie hanno ricevuto fra il
1978 e il 1985 almeno 113 miliardi (pari a 502 miliardi di lire e 250 milioni
di euro di oggi), in parte addirittura in contanti e in assegni "mascherati",
dei quali tuttoggi "si ignora la provenienza". La Procura di Palermo sostiene
che sono i capitali mafiosi "investiti" nel Biscione dalle cosche legate al boss
Stefano Bontate. La difesa afferma che si tratta di autofinanziamenti, anche
se non spiega da dove provenga tutta quella liquidità. Lo stesso consulente
tecnico di Berlusconi, il professor Paolo Jovenitti, ammette l’"anomalia" e
l’incomprensibilità di alcune operazioni dell’epoca

5) Nel 1973 Silvio Berlusconi acquista da Annamaria Casati Stampa di
Soncino, ereditiera minorenne della nota famiglia nobiliare lombarda rimasta
orfana nel 1970, la settecentesca Villa San Martino ad Arcore, con quadri
d’autore, parco di un milione di metri quadrati, campi da tennis, maneggio,
scuderie, due piscine, centinaia di ettari di terreni. La Casati è assistita da
un pro-tutore, l’avvocato Cesare Previti, che è pure un amico di Berlusconi,
figlio di un suo prestanome (il padre Umberto) e dirigente di una società del
gruppo (la Immobiliare Idra). Grazie alla fortunata coincidenza, la favolosa
villa con annessi e connessi viene pagata circa 500 milioni dell’epoca: un
prezzo irrisorio. E, per giunta, non in denaro frusciante, ma in azioni di
alcune società immobiliari non quotate in borse, così che, quando la ragazza
si trasferisce in Brasile e tenta di monetizzare i titoli, si ritrova con una
carrettate di carta. A quel punto, Previti e Berlusconi offrono di ricomprare
le azioni, ma alla metà del prezzo inizialmente pattuito. Una sentenza del
Tribunale di Roma, nel 2000, ha assolto gli autori del libro "Gli affari del
presidente", che raccontava l’imbarazzante transazione.

6) Nel 1973 Berlusconi, tramite Marcello Dell’Utri, ingaggia come fattore
(ma recentemente Dell’Utri l’ha promosso "amministratore della villa") il
noto criminale palermitano, pluriarrestato e pluricondannato Vittorio
Mangano. Il quale lascerà la villa solo due anni più tardi, quando verrà
sospettato di aver organizzato il sequestro di Luigi d’Angerio principe di
Sant’Agata, che aveva appena lasciato la villa di Arcore dopo una cena con
Berlusconi, Dell’Utri e lo stesso Mangano. Mangano verrà condannato
persino per narcotraffico (al maxiprocesso istruito da Falcone e Borsellino)
e, nel 1998, all’ergastolo per omicidio e mafia

7) Il 26 gennaio 1978 Silvio Berlusconi si affilia alla loggia Propaganda 2
(P2), presentato al gran maestro venerabile Licio Gelli dall’amico giornalista
Roberto Gervaso. Paga regolare quota di iscrizione (100 mila lire) e viene
registrato con la tessera 1816, codice E.19.78, gruppo 17, fascicolo 0625.
La partecipazione al pio sodalizio gli procaccerà vantaggi di ogni genere: dai
finanziamenti della "Servizio Italia" di Graziadei ai crediti facili e ingiustificati
del Monte dei Paschi di Siena (di cui è provveditore il piduista Giovanni
Cresti) alla collaborazione con il "Corriere della Sera" diretto dal piduista
Franco Di Bella e controllato dalla Rizzoli dei piduisti Angelo Rizzoli, Bruno
Tassan Din e Umberto Ortolani.

8) Il 24 ottobre 1979 Silvio Berlusconi riceve la visita di tre ufficiali della
Guardia di Finanza nella sede dell’Edilnord Cantieri Residenziali. Si spaccia
per un "un semplice consulente esterno" addetto "alla progettazione di
Milano 2". In realtà è il proprietario unico della società, intestata a Umberto
Previti. Ma i militari abboccano e chiudono in tutta fretta l’ispezione,
sebbene abbiano riscontrato più di un’anomalia nei rapporti con i misteriosi
soci svizzeri. Faranno carriera tutti e tre. Si chiamano Massimo Maria
Berruti, Salvatore Gallo e Alberto Corrado. Berruti, il capopattuglia, lascerà
le Fiamme Gialle pochi mesi dopo per andare a lavorare per la Fininvest
come avvocato d’affari (società estere, contratti dei calciatori del Milan, e
così via). Arrestato nel 1985 nello scandalo Icomec (e poi assolto), tornerà
in carcere nel 1994 insieme a Corrado per i depistaggi nell’inchiesta sulle
mazzette alla Guardia di Finanza, poi verrà eletto deputato per Forza Italia e
condannato in primo e secondo grado a 8 mesi di reclusione per
favoreggiamento. Gallo risulterà iscritto alla loggia P2.
9) Il 30 maggio 1983 la Guardia di Finanza di Milano, che sta controllando i
telefoni di Berlusconi nell’ambito di un’inchiesta su un traffico di droga,
redige un rapporto investigativo in cui si legge: "E’ stato segnalato che il
noto Silvio Berlusconi finanzierebbe un intenso traffico di stupefacenti dalla
Sicilia, sia in Francia che in altre regioni italiane (Lombardia e Lazio). Il
predetto sarebbe al centro di grosse speculazioni in Costa Smeralda
avvalendosi di società di comodo aventi sede a Vaduz e comunque
all’estero. Operativamente le società in questione avrebbero conferito ampio
mandato ai professionisti della zona". Per otto anni l’indagine, seguita
inizialmente dal pm Giorgio Della Lucia (poi passato all’Ufficio istruzione, da
anni imputato per corruzione in atti giudiziari insieme al finanziere Filippo
Alberto Rapisarda, ex datore di lavoro ed ex socio di Marcello Dell’Utri)
langue, praticamente dimenticata. Alla fine, nel 1991, il gip milanese Anna
Cappelli archivierà tutto.

10) Il terzo, seccante incontro ravvicinato fra il Cavaliere e la Legge risale
al 16 ottobre 1984. Tre pretori, di Torino, Roma e Pescara, hanno la pretesa
di applicare le norme che regolano l’emittenza televisiva e che il Cavaliere
ha deciso di aggirare, trasmettendo in contemporanea gli stessi programmi
su tutto il territorio nazionale. I tre magistrati fanno presente che è vietato,
non si può e bloccano le attrezzature che consentono l’operazione
fuorilegge. Il Cavaliere oscura le sue tv, per attribuire il black out ai giudici,
poi scatena il popolo dei teledipendenti con lo slogan "Vietato vietare",
opportunamente rilanciato dallo show del giornalista piduista Maurizio
Costanzo. Lo slogan viene subito tradotto in legge dal presidente del
Consiglio Bettino Craxi. Il quale abbandona una visita di Stato a Londra per
precipitarsi in Italia e varare un decreto legge ad personam ("decreto
Berlusconi") che riaccende immediatamente le tv illegali del suo compare.
Lo scandalo è talmente enorme che, persino nel pentapartito, qualcuno non
ci sta. E il decreto viene bocciato dall’aula come incostituzionale. Due dei tre
pretori reiterano il sequestro penale delle attrezzature utilizzabili oltre
l’ambito locale. Così Craxi partorisce un secondo decreto Berlusconi,
agitando davanti ai riottosi partiti alleati lo spauracchio della crisi di governo
e delle elezioni anticipate, in caso di mancata conversione in legge.
Provvederà poi lo stesso Caf a legalizzare il monopolio illegale Fininvest sulla
televisione commerciale con la legge Mammì, detta anche "legge-Polaroid"
per l’alta fedeltà con cui fotografa lo status quo.

fonte: http://www.giannivattimo.it/Berlusconi.pdf

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